da Migrazioni (Passigli Editori, Firenze, 1997)
Messaggio in una bottiglia
Mi manchi quel che basta
a dare alla dolcezza la sua spina
e nostalgia alle ore: che non sono
piene di te perché tu vieni e vai
come la nebbia e il vento
sullo scabro altipiano e ciò che rechi
è, non importa se fuori stagione,
il frutto che è più caro
quanto meno si aspetta.
Frutto incerto
com’è giusto del tempo della vita
tra estate e autunno e che a spiccarlo
dal ramo dove è maturato (l’ombra
ha dato forse un grano di mestizia
al suo sapere) perderebbe, è dato
domandarsi, l’incanto che lo veste,
il profumo segreto?
La domanda
irrequieta colomba
viaggia da queste contrade alle tue,
batte al tuo cuore. L’augurio è che il volo
non si rompa, il messaggio ti raggiunga.
Paragrafi di lettera
I
Ti chiederai se una traccia rimanga.
Non c’è passaggio che non lasci la sua
e così questa volta. Se somigli
o no a quella d’allora non so dire
né forse importa.
II
Il tuo sguardo m’è parso
andasse più in profondo o ne giungesse.
Come avesse passato altri deserti
sondato nuove solitudini.
III
Da te quel che veniva era un richiamo
al rischio, a una partenza, tolta l’àncora.
Sul ciglio della banchina ho esitato.
IV
Quale sia la mia traccia tu puoi dirlo.
Una forse s’è incisa se sei qui
e interroghi più di quanto tu dica.
Sia pure lieve, sia quella che lascia
una parola o un volto che ci fissa
un istante e dilegua tra le ombre.
V
Né turbati né in pace. E quel che ignoro
è il perché dell’incontro: due che tutto
fa stranieri.
O è il richiamo che alla spiaggia
viene dal mare e a questo dal suo opposto.