L’Enfatizzazione è un vermetto parassita che entra nelle orecchie delle piccole bestie e ne divora le vanità. Più mangia e più il suo intestino si riempie di gas. Lo rilascia tutto insieme, gonfiando gli ospiti come palloncini. La loro pelle si tende sui corpi sferici, prossimi a esplodere, e a volte, in effetti, sopraggiunge lo schianto.
Bestia duecentododicesima
La Lamentosità mugola il proprio disappunto rivolta al masso che le ha sbarrato la strada. Ha la coda fra le gambe e il capo piegato al punto che il naso le tocca terra. Latra, si siede e continua a fissare l’ostacolo davanti a sé. Ai suoi lati sono rimasti degli stretti pertugi ancora praticabili, ma lei sembra non essersene accorta.
L’Astuzia le sfreccia accanto e imbocca il pertugio di destra, si assottiglia contro la roccia e scompare. L’Intuito sbuca da un cespuglio, tende le vibrisse e balza sul masso, sparendo in un istante.
La Lamentosità è ancora immobile. Ringhia, mugugna e gratta il suolo con gli artigli spuntati.
Forse ritroveranno il suo scheletro proprio lì, dove si trova, e persino il vento, scivolando attraverso le orbite vuote del suo cranio, produrrà un fischio simile a un lamento.
Bestia duecentotredicesima
Il Tabù cammina in cerchio nel buio della grotta e getta di tanto in tanto un’occhiata alla Proibizione, che veglia a zampe incrociate davanti all’uscita sin da quando il consesso delle bestie, capeggiato dal Giudizio, lo ha esiliato. Si lascia cadere a terra e uno sbuffo gli fa vibrare le labbra. Mena una zampata contro il pavimento e solleva una nuvola di polvere. Possibile che nessuno provi a oltrepassare la bestia guardiana? Si gratta un fianco e sbadiglia.
Fa per abbassare le palpebre, ma una sagoma compare all’orizzonte, fuori dalla grotta, e avanza senza fare rumore, con le zampe affusolate che appena toccano terra: è la Trasgressione.
Lui sapeva che sarebbe venuta. Sorride.
Bestia duecentoquattordicesima
L’Inadeguatezza sbatte le palpebre come per scacciare un’allucinazione: si è materializzata sul ramo più sporgente di un vecchio pino, ma non ha zampe né ali.
Un passerotto le si posa di fronte e inclina la testa di lato. Spalanca il becco e cinguetta, si volta e vola via. Uno scoiattolo scende lungo il tronco e agita la coda, un batuffolo di pelo rosso. Appoggia una zampa sul capo dell’Inadeguatezza, la annusa e torna sui suoi passi.
Lei rimane sola, immobile e sospesa sul vuoto. Vorrebbe andarsene, ma non può.
Una pigna si stacca dal ramo e cade al suolo con uno schianto che provoca un fremito nel petto della bestiola. Un albero non è il posto giusto per lei, ma deve pur essercene uno! Farà come la pigna.
Si sbilancia di lato, crolla su un fianco e rotola giù, fendendo l’aria che le spettina la pelliccia. Atterra su una distesa di aghi di pino e un intenso odore di muschio le pizzica le narici. È ancora intera, anzi, è più intera di prima: striscerà tra le felci e troverà il suo posto.
Bestia duecentoquindicesima
La Provocazione è così piccola che teme di non essere vista. Ronza in un orecchio dell’Affetto, che scuote il capo ed emette un borbottio. Si è accorto di lei? Forse ronzare non basta: sfodera il pungiglione e glielo conficca in una guancia. Lui si porta una zampa sul muso e si gratta con gli artigli. Se la colpisse potrebbe schiacciarla! Magari, però, vuole solo farle una carezza. Eppure sembra che si curi del rumore e del prurito, non di lei. Lo pungerà più forte, così sarà costretto a notarla. Sbatte le alette e… Una lunga proboscide la avvolge: è così morbida che vi affonda senza farsi male. L’Accettazione la solleva dinanzi all’Affetto, che sgrana gli occhi, la raccoglie e se la posa sul palmo della zampa. La vede! Ora lei non avrà più bisogno di ronzare, non avrà più bisogno di pungere.