Bestia quarantaseiesima
L’Invidia si sporge oltre l’ingresso del tunnel.
La pelliccia della sua vicina è una nuvola di lana che ondeggia a ogni movimento. L’imbocco della sua tana è una circonferenza quasi perfetta.
L’Invidia si mordicchia un ciuffo di peli stopposi, sputa per terra e strizza gli occhi. Chissà, magari la vicina sarà divorata da un predatore, lascerà vuoti i cunicoli che ha scavato, abbandonerà le provviste accumulate. Allora lei potrà sostituirla, occupare la tana più larga e asciutta, veder ricrescere il proprio manto folto e luminoso. Ma per ora la bestiaccia è viva e si strafoga di grosse noci, di bulbi succosi e di ghiande: ricchezze che non merita, che solo lei, l’Invidia, meriterebbe.
Il noce e la quercia sono vicini. Potrebbe raggiungerli, ma non ha tempo, né può sprecare le ore scavando nuovi tunnel. Sorveglierà la bestiaccia. Diventerà lei.
Bestia quarantasettesima
La Memoria osserva l’albero e vede il seme. Scala la corteccia con le zampette prensili e rammenta lo stelo sottile che fu all’origine del tronco. Raggiunge i rami, che hanno imparato le loro biforcazioni dalle traiettorie delle radici sepolte. Il gelo ha sterminato le foglie, ma la Memoria non dispera: ogni primavera le ha viste tornare verdi e numerose. Lo faranno di nuovo, e arriveranno anche i frutti. Si siede con la schiena contro il fusto e attende.
Bestia quarantottesima
L’Entusiasmo drizza le lunghe antenne: il vento trasporta un frinire argentino. Il calore gli divampa nel petto, il corpo intero è scosso da un tremolio.
L’insetto saltella tra i fili d’erba, la luce del sole gl’invade gli occhi e rimbalza amplificata in fasci che avvolgono le spighe di grano. I loro steli si slanciano, i fiori rifrangono un brillio dorato.
L’Entusiasmo piega le zampette e spicca un balzo. Ricade a terra in un punto lontano, al limitare del campo.
C’è un abete enorme poco più avanti. Il frinire si amplifica, sembra irradiarsi dalla chioma.
L’insetto si aggrappa alla corteccia e scala il tronco, s’inerpica su un ramo che fende le nuvole.
Decine d’insetti mischiano le loro voci e danzano tra le foglie. L’Entusiasmo si unisce a loro.
Per fortuna non si è lasciato sedurre da un canto di morte. Quando gli accade si trasforma in un cieco distruttore.
Bestia quarantanovesima
L’Ozio socchiude le palpebre sul reticolo dei rami attraverso il quale fa capolino l’azzurro di un pomeriggio estivo. Il fogliame rigoglioso proietta un’ombra fresca su di lui. L’erba gli fa il solletico sui fianchi.
Inspira a lungo: il suo addome rotondo si gonfia come un palloncino.
Una brezza tiepida gli scivola addosso, porta con sé un profumo di lavanda e camomilla.
L’Ozio espira e chiude gli occhi. Le cicale gli cantano una nenia.
Bestia cinquantesima
L’Idealizzazione poggia l’ultimo ramo sulla catasta, zampetta giù e si ferma davanti al proprio feticcio.
Il sole alle sue spalle lo trasforma in una sagoma scura, ma è senz’altro magnifico, una bestia dal portamento fiero, col petto largo e zanne bianchissime. Non può essere che così.
Lo accompagna in cima al cumulo di legna, indietreggia e ulula di gioia. Grazie a lui, anche lei sarà migliore.
Il sole declina e il feticcio si rivela per ciò che è sempre stato: una creatura graziosa, ma imperfetta.
L’Idealizzazione grida, ha la nausea e trema di rabbia. Muta in un attimo, si fa Svalutazione.
Raggiunge il feticcio e lo scaglia nel vuoto. L’ha ingannata, è laggiù che merita di stare.