Bestia trentunesima
La Calma riposa all’ombra di un abete, sulla sponda di un ruscello montano. I suoi palchi ramificati si ergono placidi come tronchi d’arbusto. Nessuna scalfittura li segna: non conoscono la foga del duello. Le iridi nere rifrangono le lame di luce penetrate oltre la chioma dell’albero. La bestia dilata le froge e inspira. L’acqua continua a scorrere.
Bestia trentaduesima
L’Amore è una creatura liquida, capace di abbracciare, mutando forma, qualsiasi bestia disposta all’incontro. Ogni terra è la sua casa, ogni tempo è il suo tempo. Con le zampe traccia, nei deserti più aridi, alvei nei quali i fiumi si riversano danzando. Così rifiorisce la vita. Creature abiette si nascondono dietro al suo nome, simulandone il passo e la voce. Il loro inganno, tuttavia, viene presto tradito. C’è infatti un modo infallibile per riconoscere l’Amore: esso non umilia, non offende, non uccide. Si nutre di bellezza, sempre.
Bestia trentatreesima
L’Avarizia ha le zampe anchilosate dal lungo trattenere. Il suo corpo scheletrito è ripiegato su di sé, schiacciato da provviste, ramoscelli, ciottoli e granelli di polvere.
L’ingresso della tana è quasi del tutto ostruito, così nessuno potrà passare. Scruta l’esterno attraverso l’unica fessura rimasta. Che le altre bestie la guardino pure: non avranno mai i suoi tesori.
Nel buio del cunicolo l’Avarizia si abbandona a una risata.
Le pareti di terra umida la catturano, il silenzio la soffoca.
Bestia trentaquattresima
Il Dubbio ingoia una manciata di terra, i suoi metameri s’ingrossano. Striscia in silenzio nel sottosuolo, furtivo come un’ombra, e ogni boccata di humus accresce il suo appetito. Mangia con foga e diviene tanto massiccio che il suolo trema al suo passaggio. Le colline franano, gli alberi si ribaltano levando le radici al cielo. Il verme gigante consuma il ventre del mondo un boccone alla volta.
Sarebbe bastato dissotterrarlo quando era ancora piccolo come un’unghia: la luce del sole lo avrebbe fatto seccare, il suo corpo si sarebbe ridotto in polvere.
Bestia trentacinquesima
L’Ira tende le orecchie: il Terrore grida per metterla in guardia.
Dilata le narici e distingue l’odore di un pericolo annidato oltre il limite dei suoi occhi.
Il sangue le ribolle nelle vene, un incendio le divampa nel petto. Ha la vista appannata, i muscoli delle zampe contratti. Sbuffa, raspa il suolo e carica a testa bassa.
Spezzerà la minaccia come un ramo secco, l’annienterà con una cornata.
Ma sarà capace di frenare la corsa? La pianura è irta di massi, l’erba alta nasconde precipizi.