I
È notte
e in contemporanea
cadono i colpi
su me, Siria e Baghdad
Mi siedo sul divano
e accendo la dolce tortura
Il notiziario
di me non dice nulla,
il notiziario dà solo notizie
per coprire notizie
È notte
le formiche
spostano l’angoscia della terra
È notte
e io assomiglio più alla guerra
che a mia madre
È notte
e ho gli occhi sanguinanti
come i pozzi di Khorramshahr
È notte
e le nuvole nel cielo
interrano la luna
È notte
e io dovrò
da qualche parte iniziare questa storia:
…
III
Ci sono ricordi
che non mi lasciano più
Ci sono ricordi
fissati con un chiodo
al mio teschio
Miei amici
si lasciarono cadere
per raccogliere i loro fucili
Miei amici
andarono a morire oltre il confine
Bambini
stringevano il cordone ombelicale
per non nascere
Noi
pregavamo il cielo
e dal cielo
cadevano le bombe
Mio fratello diceva:
bisogna tramontare
non vedi che il sole
sorge ogni mattino
e ogni sera pentito
se ne torna via?
La bellezza è in declino
e delle donne
non resta altro che uomini
Ci siamo sposati con gli uomini
e abbiamo partorito
i deserti
VI
Noi
ci perdiamo per le strade
ci perdiamo per le ambasciate
ci perdiamo per le frontiere
Noi
ci perdiamo
come tralci vaganti sul mare
e non possiamo nemmeno affogare
IX
Le persone
se ne vanno
se ne vanno
se ne vanno
ma non si allontanano
Con quale speranza noi
guardiamo ai nostri orologi
quando il tempo
lavora per la morte?
XV
Sbuccio un’arancia
è vuota
sbuccio una mela
è partita
Soffia il vento
e la luce si stacca dal giorno
Un albero mangia i suoi frutti
un altro sotterra la propria ombra
Un albero è così stanco
che si taglia il tronco
e si mette seduto
Soffia il vento
e il senso si stacca dalla vita
Io fisso il cielo
e il colore rosso che porta in becco
un uccello migratore
mentre si allontana
Io fisso il cielo
la notte
la solitudine
Le due mezzelune
sono di tenebra
XXV
Come può il monte sdraiarsi sul letto,
come può vestirsi?
Come può
mettersi in un angolo
e pietra su pietra
ammassare la solitudine?
*
Molte volte
ho toccato per mano
le mie pietre
molte volte
sono caduto dalle mie rocce
molte volte
mi sono perso nelle mie grotte
Molte volte
mi sono messo al sole
ho seguito i cavalli bianchi
che si scioglievano ai miei piedi
fino ai prati
fino alle steppe
fino a perdere ogni senso
*
Ma tu
mi guardavi dall’altra parte
e scendevi
nelle profondità delle mie voragini
Io ti amo
e il mio cuore è una palude
che inghiotte tutto ciò che ama
da: Trilogia del Medioriente, Guerra Amore Solitudine, 2018
* * *
I
Sono qui
che gioco a carte con la notte
e più vinco
più divento oscuro
II
Sono una pantera ferita
torno per estinguermi
tra le tue braccia
III
Dimentica
la mitragliatrice
dimentica
la morte,
pensa alle api
nella piazza minata
in cerca di un ramo fiorito
da: Nulla è nuovo come la morte, 2015
Garous Abdolmalekian, poeta e saggista iraniano, nasce a Tehran nel 1980. Inizia molto giovane a scrivere e pubblicare poesie che gli varranno da subito l’interesse e l’apprezzamento unanime della critica, tanto da essere annoverato tra i più interessanti e persuasivi autori dell’ultima generazione della Poesia nuova persiana, quella successiva alla Rivoluzione iraniana del 1979. Dopo alcune raccolte di grande intensità poetica come Rang-hāye rafteh-ye donyā (I colori sbiaditi del mondo, 2005), Satr hā dar tāriki jā avaz mikonand (Nell’oscurità le righe si confondono, 2008), Hofreh-ha (I solchi, 2011), Hic ciz mesl-e marg tāzeh nist, (Nulla è nuovo come la morte, 2015), nel 2018 Abdolmalekian ha dato alle stampe la sua ultima raccolta dal titolo Segāne-ye khavaremiāneh, Jang Eshq Tanhāii (Trilogia del Medioriente, Guerra Amore Solitudine). Il riferimento tematico evoca i primi anni dell’infanzia del poeta segnati dalla tragica vicenda della guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) e richiama recenti conflitti in Siria, Iraq, Yemen, nei quali è stato coinvolto emotivamente. Oggi, Garous Abdolmalekian, con il suo stile minimalista e il suo linguaggio tagliente e scarno, è un autore molto apprezzato in Iran; sue poesie sono state tradotte e pubblicate in francese, inglese, arabo, curdo e turco.
Faezeh Mardani insegna Lingua e Letteratura persiana moderna e contemporanea all’Università di Bologna. Ha pubblicato per Vallardi il Vocabolario Persiano – italiano (2000) e Parlo Persiano (2002); ha pubblicato le poesie di Forugh Farrokhzād nella raccolta È solo la voce che resta (Riccardo Condò Editore, 2018) e l’ultima silloge poetica di Abbas Kiarostami Il vento e la foglia (Le lettere, 2014). Ha curato la pubblicazione degli atti del Primo Convegno Internazionale sulla Letteratura Contemporanea Persiana, Il giardino e il torrente, sguardi alla letteratura persiana contemporanea (Aracne editrice, 2016).
Francesco Occhetto è laureato in Lettere all’Università del Piemonte Orientale e sta per concludere la laurea magistrale in Scienze Orientalistiche presso l’Università di Bologna. I suoi principali interessi sono la poesia e lo studio delle religioni, traduce dal persiano. Redattore di Nuova Ciminiera, collabora a varie riviste culturali.