da Quasi un consuntivo. 1975-1987 (Donzelli Poesia, 2017)
*
Mi riprendeva il gioco
del palmo nella mano,
anche l’azzurro bagliore del fondo
anche lo scherzo muto, l’inganno in agguato.
Strano ch’io ricordi della tua mano
il solo limitare come di una vita ancorata
con l’anulare a una boa che si spezza,
strano non aver detto nulla – il cielo
parlava per me schietto e gentile, coprendo
lordure e zone d’ombra.
*
Ondate di scirocco , della nuova estate
dietro il temporale, zaffate di frescura insperata
e assalti di delirio;
così mi confonde il mio amore
imbelletato e strano e non so se ridere
con trasporto o separarmi
tramite una cortina di pianto.
Addosso avrei una inespressa voglia,
ma tu non darmi retta, svolta e sparisci dietro l’angolo,
dimentico nel mattino odoroso.
*
Mia ombra mio doppio,
talvolta amico ma più spesso
straniero che mi infuria ostinato,
mio calco che nessuna malta riempie,
fantasma appena colto,
di te ho centinaia di fotogrammi
sfrenati dalle corse, trattenuti
nelle reti, mio ombrello protettivo
paratutto, già cieco già binomio d’altro,
convengo con te quel che segue.
Niente di umano scoperchia la follia.
*
(dai versi il mio (?) dramma non traspare,
come nulla filtra dalla selva autunnale.
E’ un tale mare, però, talvolta…)
*
quando stai per morire e fra nubi e pioggia
ciondolando si rifanno vivi puntualmente
gli apici gialli dell’alberello e spirano
gonfi i rossi consolatori…………………………………….
ti sembra di tornare (non lo potresti,
la vela ha passato ora la porta crepuscolare)
*
mio padre eterno estremo servo
che mai ho reso libero né liberato
raccoglie nella stanza le palle di neve
del mio lavoro, le carte arrotolate
di un passatempo scambiato per valore,
segni (per essere giusti) di un rigore
insanguinato
*
per tutto il tempo boschi rossi
chissà com’è l’autunno lassù
(verdi che possono cambiarsi
in fragranti lane friabili piogge)
oh, le macchie della mente incendiate dagli incendi
macchie proprio (e capelli allo stesso modo,
dello stesso tono)
ma pare che una cenere li avvolga
cresciuti e scuri, intere foreste prima che,
(è allora che il resto dello sfolgorio s’avventa,
ci stringe)
che tristezza rotolarsi nel vento,
così in pochi, fra i pochi restati,
nelle folate delle gallerie
Remo Pagnanelli (Macerata, 1955 – 1987) ha fondato e diretto, con Guido Garufi, la rivista di poesia “Verso” nel 1980. Tra le sue opere poetiche si ricordano Dopo (Forum, 1981), Musica da viaggio (Antonio Olmi, 1984), Atelier d’inverno (Accademia Montelliana, 1985) e, pubblicato postumo, Preparativi per la villeggiatura (Amadeus, 1988). A cura di Eugenio De Signoribus è uscito Epigrammi dell’inconsistenza (Stamperia dell’arancio, 1992). Nel 1985 ha ricevuto il Premio “Montale” per l’inedito, pubblicato per i tipi di Scheiwiller nel 1986 col titolo de L’orto botanico. Tra i suoi scritti critici, La ripetizione dell’esistere (Scheiwiller, 1981) dedicato a Vittorio Sereni; e, postumo, Fortini (il lavoro editoriale, 1988).