da Rinascere da vecchi (puntoacapo, 2017)
*
Il lavavetri chiede posso dicono no
sorride, torna nel sudicio pezzo di prato
ritagliato da fiumi d’asfalto
e canticchia il corano all’incrocio
l’orizzonte dello svincolo
una Bologna di vecchi condominî
fiumi di macchine e camion
palazzi popolari parallelepipedi
croste d’intonaco grigio
grigia gente, grigia fine di giorno
rumore nel sangue aria da conato
fiumi di cemento sulla terra
sembra cemento anche il cielo
che vita, che vita abbrutita ma
un piccolo maomettano
canticchia il corano sorride
e non sembra sottomesso
non è di questo mondo
ma mio fratello, di me infedele
fratello felice di uno mandato
a sciogliere inni ad un padre
dove il Padre sembrava impossibile.
*
Non fa mai giorno sul mondo tutto intero
qui il buio s’allarga ma un po’ oltre
le ombre si ritirano sotto le cose
e come il tempo si complica lo spazio
non si distinguono bene e male
ogni strada cammina sul baratro.
Eppure in questo paesaggio grigio
con la nebbia sfrontata sui colli
qualcosa da secoli incede
una sollevazione nel gelo, sommossa
che muove la materia fino all’osso
anche qui, dentro l’inverno, nel buio
durevole e morto di gennaio
l’erba ghiacciata del campetto
i frutteti stecchiti, la terra
assolutamente addormentata
la rarità degli uccelli che si appressano
con inedito coraggio alle finestre
anche nelle anime, le nostre
così rassomiglianti alla stagione
avanza la rivolta, corre da sempre
un’insurrezione. Anche noi
risorgiamo come il mondo intero
tutto sta levandosi, adesso
nell’inverno reale e apparente
adesso ossa e anime risorgono
adesso arriva la rivoluzione.
*
Ho fatto un sogno con una ragazza
e c’erano due me
e uno le diceva il suo amore
ma l’altro era più vecchio
si ritraeva, incapace e vergognoso
eppure tutto l’amore dichiarato
tutto il fiume di affezione lo investiva
e convertiva, come un antico bene
perché un amante non fa calcoli
si rtrova in balia dell’amata
e ama anche quella tempesta
appeso a labbra misteriose
alla navicella di un cuore in tumulto
nell’oceano dell’età ama quel tumulto
il vuoto che si apre nell’altro
e per esso accetta ogni penitenza
ogni esercizio spirituale
per l’ultima volta sanerebbe i suo vizî
volgerebbe totalmente lo sguardo
per ritrovarsi risorto nell’amata.
*
E’ della giovinezza innamorarsi.
Nell’amore dei vecchi c’è un morbo
una malattia del calcolo, la demenza
del possesso che porta all’omicidio
dell’amore. Nel mio sogno
allora i due me amavano
e al contempo avevano nostalgia
dell’amore dei giovani
il loro salto nel tumulto.
*
Mia figlia riceve i fiori
diciassette anni e un innamorato
addirittura non corrisposto
l’ha attesa per un pezzo
al portone del palazzo
per consegnarle un mazzo sontuoso
chiederle scusa per chissà che litigio
e poi è scappato via. Mia figlia
è al centro della guerra dell’amore
la più bella e spietata
quella che lascia sul campo
vittime su vittime e qualche vincitore
e non sa quanto io faccia il tifo per lei
e per il suo amore, che vedo fiorire
come il mazzo che riempie il salotto
e non sa che sto combattendo anch’io
dentro la stessa guerra.
*
Le auto fanno ressa
già di fronte a casa.
In ogni abitacolo un corpo
e i suoi pensieri avvinghiati.
Nuvole di scarichi e di dubbi
oscurano le vie e nel traffico
emozioni emozioni c’inseguono
incollate ai nostri gesti
che hanno le identiche movenze
di quei sentimenti, dei sogni
che non si staccano dai corpi.
E io non so più dove sei
ti ho persa perché abbiamo strade
separate e anche i sentimenti
che abbiamo tentato di narrarci
seguono itinerari differenti.
Gianfranco Lauretano è nato nel 1962, vive e lavora a Cesena. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi di poesia Preghiera nel corpo (1997), Occorreva che nascessi (2004), Di una notte morente (2016). Ha tradotto Il cavaliere di bronzo di Puskin (Raffaelli, 2003) e La pietra di Mandel’stam (Il Saggiatore, 2014). In ambito saggistico si ricordano La traccia di Cesare Pavese (Rizzoli, 2013), Incontri con Clemente Rebora (Rizzoli, 2013) e Il crepuscolo dell’incanto (Raffaelli, 2016). Dirige la rivista “Graphie”.