di Andrea Carnevali
Avendo avuto l’occasione di vedere la produzione pittorica di Jacopo Scassellati attraverso cataloghi di mostre, mi è apparso come trasportato da un fervido sentimento verso l’antico che emerge dal culto della bell’immagine, dagli impasti succosi e dalle trasparenze degli elementi cromatici.
La materia pittorica sembra affiorare da lontano: sintetica ed essenziale sfugge alla precisione anatomica. La ricchezza e lo splendore del passato vengono come legati in modo imperituro con il nostro presente.
Lo studio della tradizione plastica e pittorica antica ha fatto prediligere all’artista una matrice stilistica rinascimentale (fig.1):
Portandolo ad interpretare i segni del tempo che potevano riaffiorare misteriosamente dal buio dei secoli come dalla mitologia, l’artista crea venature di colore e strati aciduli, cancellature, compie gesti liberi, intrecci e toni chiari e scuri sulla superficie del quadro. I personaggi riaffiorano dalla sua mente quando le sono evocati attraverso il segno e il colore dei pennelli. Le immagini non finite inducono a pensare a strutture plastiche non al tutto tracciate nei particolari per il fatto che il pittore sardo lascia il compito alla fantasia dell’osservatore di completare i dettagli attraverso la fantasia (fig. 2):
Le imprese narrate sono compiute da uomini che si mescolano alle divinità, rivelando la loro debolezza di esseri viventi. Così il linguaggio personale si ripete nelle figurazioni ornamentali di vari soggetti che sono
fortemente influenzati da modelli ideali più ché dalla percezione diretta della realtà (fig.3):
Nei dipinti di Scassellati si vede, infatti, lo stile e un ordine formale che spontaneamente tende verso il dinamismo rallentato dai contrasti di bianchi e di neri utilizzati in ampie campiture. Alle figure idealizzate dell’arte classica si contrappongono elementi più vicini alla realtà, più somiglianti al vero ed alla natura. Le immagini esaltano la finzione del mito, l’eroismo e la sacralità del potere divino.
Mentre la libertà di certe scene mira all’effetto d’insieme e alla finezza del particolare, i soggetti si staccano violentemente dalla superficie scura o neutra del fondo e si spingono verso l’esterno. Attraverso questa tecnica, il
pittore cerca di fare emergere la condizione individuale e psicologica dei personaggi ritratti, talvolta in situazioni particolari ed erotiche, talaltra in momenti di sofferenza umana ed esistenziale. Il colore dei suoi quadri non
è naturale; è piuttosto verosimile. Non si tratta di disaccordo, ma di una modulazione narrativa che gli serve a distinguere ed a differenziare gli elementi della composizione e, al tempo stesso, rapportare l’uomo allo
spazio.
L’uso di tinte leggere, appena coprenti, è a volte adottato per bloccare o annullare il movimento della figura umana. Viceversa, la densità del bianco crea delle opacità nella tessitura del testo visivo che determina un linguaggio personale in cui fissare il proprio punto di vista.
La conseguente reazione e concitazione diminuiscono il movimento nella composizione.
Con la decomposizione del colore, Scassellati forma dei climax ascendenti per esprimere una sempre maggiore sofferenza e paura: dai toni scuri si passa ai bianchi opachi che risuonano cupi nell’atmosfera del quadro. Il crescendo delle emozioni è sottolineato dalle qualità cromatiche e dalle inquadrature del corpo umano. Le immagini sono staccate dal fondo e messe in risalto spesso quasi solo in virtù del colore, per creare maggior vivacità alla scena.
La sua sfrenata ricerca è sulle tematiche della «notte, del segreto, del mistero, e delle sensazioni più recondite che dimorando nell’animo si esprimono attraverso un linguaggio legato alle luci che affiorano dal buio.
È evidente che è il frutto della mia sensibilità, avendo visto e interiorizzato tematiche dalla letteratura, dalla poesia e mitologia» (così per Scassellati).
Assai significativi sono, infine, i soggetti sacri ove la subordinazione dei valori plastici e prospettico-spaziali, la gradazione di toni dei colori, secondo una personale visione del messaggio nelle sacre scritture, esaltano
le ambientazioni. Le cromie, infine, sono appartenenti alle qualità che lo rendono tanto popolare quanto straordinario. Un senso vitalistico però pervade l’opera del giovane sassarese che ci fa pensare a Oskar Kokoschka
o Gustav Klimt. Il risalto cromatico di certi quadri risale al fulgore dei mosaici di Ravenna. Così come la pungente precisione rinvia al naturalismo tedesco di Klinger per le aspre caratterizzazioni dei personaggi.