Bestia centonovantunesima
Il Riposo siede al centro di una radura con le gambe incrociate e la pancia che si gonfia e si sgonfia al ritmo lento del suo respiro.
Tutto intorno si stende una foresta di salici popolata da grida, sibili e ruggiti.
Un sussulto scuote i cespugli: la Stanchezza emerge dall’intrico e arranca zigzagando verso di lui, con le zampe imbrattate di fango e la lingua penzoloni.
Il Riposo spalanca le braccia e le fa un cenno col capo per invitarla a sdraiarsi. La Stanchezza gli si abbandona contro il ventre e lui la stringe a sé.
Quella creatura esauste diverrà un seme di energia e tornerà al brulichio della foresta.
Bestia centonovantaduesima
L’Impegno restringe il proprio corpo per passare attraverso una fessura grande come una nocciola. Supererà la parete di granito, seguirà il chiarore di fiamma che filtra dal foro e conquisterà il Desiderio che arde al di là.
Alle sue spalle il grido della Volontà lo esorta a tentare l’impresa.
L’Impegno si affina, ma non decresce: tutta la sua energia si condensa nelle zampe che rimpiccioliscono, nel torace e nel ventre che si assottigliano e si allungano.
Infila il capo nella fessura, v’insinua gli artigli e si aggrappa alla roccia nuda, trascinandosi senza ripensamenti.
Non importa quanto tempo ci vorrà. Anche se la strada è lunga, anche se lo spazio è angusto, darà tutto quel che ha per raggiungere la creatura che lo attende.
Bestia centonovantatreesima
La Sprovvedutezza è un pesce senza pinne che striscia su fondali popolati di murene. Il suo corpo roseo ondeggia nella sabbia e un fischiettio simile al canto dell’usignolo le esce dalla bocca appena schiusa.
Le murene fanno capolino dalle loro tane e si avvicinano nuotando nell’ombra.
La Sprovvedutezza avanza adagio e getta occhiate distratte ai predatori che le vanno incontro. Viene accerchiata e si immobilizza. Ha forse realizzato il pericolo che corre? Si lancia in avanti a testa bassa, ma è lenta, troppo lenta.
Due file di denti uncinati la ghermiscono.
Bestia centonovantaquattresima
La Testardaggine è la cavalcatura di un’Idea parassita, che la spinge giù per il declivio per fare più strada che può. Parassita e ospite sono un tutt’uno: la Testardaggine è così certa di essere l’Idea che ne adotta la causa senza badare alle buche che potrebbero azzopparla e alle creature che risalgono la china in senso opposto.
Se l’Idea è assennata, la Testardaggine potrà conquistare, giunta a valle, ampie praterie e ruscelli a cui abbeverarsi. Ma se l’Idea è ingannevole, durante la discesa la bestia si spezzerà una zampa o si schianterà contro un masso.
Bestia centonovantacinquesima
La Costanza afferra una manciata di sabbia e la lascia cadere davanti a sé. Ne prende un’altra e la getta sulla prima. Lo fa ancora e ancora, finché il mucchio le arriva all’altezza del muso. Ma il lavoro è appena iniziato.
Raccoglie una zolla di terra, s’inerpica sulla sabbia e la depone sulla vetta. Ripete l’operazione molte volte.
Il sole le morde le orecchie, declina e si spegne. Il vento della sera le sferza il naso. Viene ancora il giorno, che termina e lascia il posto alla notte. Succede più e più volte, nemmeno lei sa quante.
La Costanza si drizza sulle zampette tremanti, tutti i muscoli le bruciano. Si sgranchisce la schiena e guarda dritto davanti a sé: è bello vedere il mondo dall’alto di una montagna.