Ho riletto poesie per i bambini. E riascoltato in me che “il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto”: una splendida immagine di Vincenzo Cardarelli, di quella sua versificazione a cui mi piace sempre più spesso tornare. Ma qui ci sono altre splendide penne: da Gatto a Sinisgalli, da Dolci a Rondoni, a Piersanti. Io, in verità, non mi dolgo di essere cresciuto, ed anzi penso alla mia vecchiaia – sempre che mi sia concessa… – come qualcosa di dolce e di desiderabile. Faccio mio ogni giorno il detto biblico del poter morire “sazio di giorni”. Peraltro, star nei giorni, in ognuno di essi nuovo, è starci necessariamente come bambini, senza filtri o pre-giudizi. Anche per questo, vi regaliamo oggi queste belle poesie per i bambini:
ALFONSO GATTO – Passeggiata fuori Porta
Non basta l’ oblio,
la gassosa bevuta a mezza strada.
Nulla più che ci aggrada,
che sia blando e leggero
come lo spirito del mattino;
sempre morti tra noi,
il terrore vicino
di un’ altra guerra
e la mente dubitosa
di quel che sarà poi.
senza speranze la terra.
Che diremo al bambino
se vede nella bottiglia
il celeste pensiero
d’ un mare che gli somiglia?
Bastasse l’ angelo arguto
a dirci che il male
è tutto là sul giornale
per chi l’ ha fatto
per chi l’ ha ricevuto.
Il male ci coglie d’ un tratto.
Immeritata la gioia
che non sia di tutti
e i nostri lutti
che non son nostri, i pensieri…
La testa è più distratta ove più impara
a dir col passo gli stessi pensieri.
ALFONSO GATTO – Inverno a Roma
I bambini che pensano negli occhi
hanno l’ inverno, il lungo inverno. Soli
s’ appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d’ amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.
LEONARDO SINISGALLI – Giuoco di monelli
S’affumica per vanto
l’osso della lepre e i maschi
ne fanno un bocchino,
si spolpa il teschio del lupo
per cavarne una lucerna.
Nel giuoco dei monelli
il destino è ancora scritto
su una faccia del dado.
DANILO DOLCI – Poesia diversa
C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.
C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.
C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.
DAVIDE RONDONI – Dell’esperienza grave e felice del cullare
Non conto più i miei giorni
ma i tuoi,
e le parole e le balbuzie
sono le tue che attendo
non le mie, scritte ormai
più per abbandono che per forza.
E guardo salire incendiato il giorno
nei tuoi occhi o sulla foglia
dei piccoli respiri –
Anche Dio che l’ha inventato
con la fiamma delle comete ancora in mano
obbedisce a questo struggimento:
cresce nel figlio il padre, cede
e aumenta la propria gloria,
è uno stordito amore
che fa la storia.
Altri che non han voluto figli
né di carne né di cuore
fissano svanire le sere
sui fogli che restano bianchi
anche quando sono riempiti
dai grandi geroglifici del vento.
Quel che tu sei, Bartolomeo,
non sta nel grande campo
del mio fuoco, eccede
il mio pensiero, scompare
come un sogno all’amore
che lo insegue. Eppure ti fa,
è nelle tue mani, nel piede,
nell’improvviso che in te ride,
nel morso al paperino.
Ed è nel sonno
che ci parifica al cielo profondo
e porta vicino al silenzio delle cose.
UMBERTO PIERSANTI – Jacopo sul palco
Jacopo, tu non conosci
palchi,
non conosci
balconi o luoghi
che sopra gli altri
per la gioia s’alzano
o la rabbia
di chi ascolta,
tutto per te si svolge
a rasoterra,
neppure sai
che ogni corpo
vive nei suoi confini,
che sfiorarlo
o urtarlo
non è permesso,
è solo nella terra
il tuo cammino,
a cerchi e svolte
che tregua non danno
nella vecchia canonica
gelata
un giorno sopra il palco
sei salito,
aperto e sconfinato
più della Scala,
tu dei compagni
il più alto e luminoso,
quell’istante bocconi
sopra il legno
per un istante spezza
il sortilegio
che il tuo giorno assedia
e ossessiona
ora sei tu
nel palco,
io di sotto,
tra gli altri,
che ti guardo
FILIPPO DAVOLI – Nelle pozze la pioggia si fa acqua
Nelle pozze la pioggia si fa acqua.
Specchio di perla che partorisce il mondo
e simulacro limpido di insetti.
L’aria punge assordante le pupille,
snerva la vista un ritorno di luce.
Dentro il verde dei platani lontani
s’azzitta la città, vanno i bambini
a stuzzicare l’acqua e la vita.