Bestia centotrentunesima
La Passione è un essere di magma pulsante che risale le viscere della terra.
Ha fame di luce e d’aria e preme contro la superficie. Se il suolo si dischiude e la lascia passare, il suo corpo esonda in una marea incandescente che riveste i campi di fiori arroventati. A volte la Ragione interviene a mitigare il loro fuoco, così dalle vampe sorgono pollini che fecondano la pianura. Altre volte il tappeto di fiori, incontrollato, si fa incendio e carbonizza il terreno.
Ma non sempre il suolo permette alla Passione di emergere: talora la Repressione lo pietrifica e intrappola la bestia di lava, che grida e si dimena nel buio. Così, dalle crepe del terreno, affiorano dita di magma sporco simili a pustole infette.
Bestia centotrentaduesima
Il Disgusto cammina in punta di zampe attraverso una palude mefitica. Arriccia il naso e un quartetto di rughe orizzontali, simili a linee disegnate sulla sabbia dallo striscio di un serpente, gli solca la fronte coperta di lanugine. Ogni volta che solleva una zampa dalla melma il suo stomaco sussulta.
Raggiunge la sponda in preda ai conati di vomito e lascia l’acquitrino dietro di sé.
Da allora diviene custode di quel luogo raccapricciante: se una creatura incauta si avvicina al pantano, il Disgusto la ricaccia indietro, salvandola dal rischio di sprofondare nella fanghiglia fetida.
Bestia centotrentatreesima
Il Lutto nega se stesso nascondendo il muso in una fossa.
Il Dolore che ha dentro gli si arrampica su per l’esofago e gli riempie la bocca: non tollera il buio in cui è stato confinato. Gli preme contro i denti, spinge finché le labbra non si schiudono ed esce fuori: è un grumo di luce pallida.
Il Lutto ha un crampo allo stomaco e i polmoni in fiamme. Grida con tutte le sue forze e allunga una zampa per artigliare il Dolore, ma lo attraversa come se fosse incorporeo. Non può distruggerlo con la forza della rabbia.
Guaisce e ritrae gli artigli.
Il Dolore gli scivola accanto, abbandona la fossa e lo attende. Il Lutto lo segue attraverso il regno delle cose smarrite, sotto una luna piena simile a un occhio cieco. Raggiungono una spiaggia gremita di ossa e il Dolore s’immerge in acqua. Il Lutto si tuffa nel mare gelido e nuota verso l’abisso.
C’è una perla arenata sul fondo, nelle stesse acque nere in cui langue la Depressione. La raccoglie e risale in superficie. Il Dolore, sopra di lui, sbiadisce poco alla volta.
Il Lutto riemerge: il cielo è rosso d’aurora, una brezza gentile gli accarezza il muso.
Chiude gli occhi e si trasforma in Ricordo.
Bestia centotrentaquattresima
La Ribellione nasce con la testa schiacciata sotto una zampa del Sopruso.
Il padre tiranno la fissa con occhi di ghiaccio: le sue pupille sembrano insetti intrappolati in chicchi di grandine.
Il cuore ferito della bestia neonata batte come un tamburo di guerra, una forza disperata le contrae i muscoli. Non cederà, non ha intenzione di morire senza prima aver vissuto.
Pigola con la dignità di un gigante e stende il collo. Trema per lo sforzo, ma non si arrende.
Il Sopruso inclina la testa di lato e ritrae la zampa, stupito. Spalanca il becco adunco e gracchia.
La Ribellione cresce, cresce, cresce. Che il tiranno attacchi pure: sarà pronta.
Bestia centotrentacinquesima
La Fretta è un frullio di zampe e un levarsi di polvere e foglie.
Sfreccia da un capo all’altro del bosco schivando all’ultimo i tronchi degli abeti e i cespugli spinosi. Si schianta e mugola appena, ma nel farlo è già lontana, proiettata verso una macchia di felci che risucchia senza masticare.
Il sangue le corre nelle vene come un torrente che abbia urgenza di guadagnare il mare. Tutto intorno il paesaggio è una sequenza ininterrotta di scie colorate.
Che sapore avevano le foglie? Qual era il colore degli arbusti? Quali altre bestie popolavano il bosco? Non lo sa. Fila via facendo a gara col tempo e spalanca la bocca per afferrarlo, ma tra i denti non stringe altro che l’eco del presente perduto.