La Discordia ronza in mezzo a un branco di elefanti quieti. Si posa nelle loro orecchie e vi depone uova che generano Idee contrastanti.
Il branco si frammenta, gli elefanti si scontrano fra alti barriti e sollevano nubi di polvere rossa.
La Discordia, troppo minuta perché possano vederla, svolazza in spirali di piacere. Respira il tumulto e si lascia fecondare dal Conflitto: depositerà altre uova.
Le piccole Idee, stanche di tanto clamore, s’incontrano per aria e intrecciano le antenne. I barriti cessano, a poco a poco il polverone si dirada. Il branco si è acquietato.
La Discordia deve allontanarsi, non c’è più posto per lei fra gli elefanti. Sbatte le ali più veloce che può, ma uno zoccolo cala fulmineo su di lei: la Tolleranza la schiaccia.
Bestia centodiciassettesima
La Prudenza lancia un’ultima occhiata dietro di sé: la madre, che l’ha appena partorita, riposa sul colmo dell’aspra collina. Le ha lasciato in dono il coraggio, l’esperienza e la saggezza. Ora lei saprà cavarsela.
Poggia le zampette filiformi sul ghiaione e avanza poco alla volta, conscia del dolore che proverebbe se cadesse. Ancora pochi passi e sarà giunta a valle.
Di fronte a lei si stende un lago ghiacciato, sulla sponda opposta un boschetto florido, l’inizio del suo futuro.
Picchietta sulla crosta trasparente che la divide dalle acque scure e gelide. Sotto di lei, oltre il ghiaccio, galleggiano i corpi pallidi di chi ha avuto troppa fretta.
La superficie si fa sottile, lei rallenta e cambia strada. Non importa quanto tempo ci vorrà: giungerà viva nel bosco.
Bestia centodiciottesima
La Pavidità colleziona Paure. Le raccoglie sulla battigia quando giungono sospinte dalle onde e le trasporta nella propria tana, una roccaforte d’argilla fra le dune. Nel buio le stringe a sé e le loro minuscole chele la pizzicano con disperazione. Tanto scavano e si dibattono che finiscono per penetrarle nella carne, così essa, reclusa fra le pareti della tomba che si è edificata, diviene un involucro inerme abitato da un colonia di Paure.
Bestia centodiciannovesima
Il Vuoto galleggia su acque di tenebra. Il suo corpo è un buco nella continuità dell’oceano.
Impermeabile all’aria, alla pioggia, al guizzo di un pesce e al canto di un gabbiano, non respira, non beve, non mangia: non lascerà entrare niente.
Serra i denti, abbassa le orecchie e chiude gli occhi.
Le onde prendono a cullarlo e la Malinconia intona una nenia dalle profondità di cobalto.
Lo stomaco del Vuoto vibra, le labbra gli si schiudono come le valve di un’ostrica.
Un rivolo di luce gli scivola in bocca e si fa strada nel buio della pancia. L’aria lo segue.
Dentro di lui qualcosa germoglia: dimenticato, c’era un seme ad aspettare.
Bestia centoventesima
L’Omertà vive in mandrie silenziose che formano cerchi attorno a carcasse di Verità trucidate.
Ogni esemplare ha i fianchi fusi con quelli dei propri vicini: la loro formazione è impenetrabile. Si ergono come colonne di pietra, gli sguardi fissi, le bocche impegnate a ruminare scuse di granito. Attendono che la Verità si decomponga e venga riassorbita dal terreno.
La Giustizia si addormenta e al suo risveglio la mandria è scomparsa.
Non restano che poche, irriconoscibili ossa.