Bestiario delle emozioni

di Francesco Cangioli

Bestia ottantunesima

Una voragine si apre sotto le zampe del Panico.
Il muso gli avvampa, lo stomaco gli si contrae. Ha le vertigini e trema.
Precipita nel vuoto, il buio lo ingoia e lo disorienta.
Si agita nel tentativo di aggrapparsi alle pareti del baratro, ma intorno a lui non c’è altro che l’oscurità intangibile.
Schiude le fauci per guaire e dalla bocca gli esce un grido strozzato. Inspira, ma l’aria si rifiuta di entrargli nei polmoni. Il suo corpo non è più suo.
Forse la caduta finirà, forse uno schianto gli fracasserà le ossa. Il cuore gli martella nelle tempie: sta per morire.
D’un tratto respira, ha le zampe ben salde a terra e il sole del primo pomeriggio gli riscalda la schiena. È vivo.
Diventa piccolo, sempre più piccolo, e si trasforma in Sollievo.

Bestia ottantaduesima

L’Impazienza si arrampica su un banano dai frutti ancora verdi. Ne coglie uno e lo addenta senza sbucciarlo: un sapore amarognolo le riempie la bocca. Storce il naso e sputa il boccone.
Scivola giù dal fusto e si guarda intorno: un grosso mango svetta sugli alberi vicini, la chioma frondosa copre quasi del tutto il tronco rossiccio.
L’Impazienza lo raggiunge e s’inerpica fra i rami. Tende una zampa verso il frutto più vicino, ma è ancora troppo in alto. Non riesce ad afferrarlo, si squilibra e precipita a terra.
Grida, strappa una manciata d’erba e la scaglia in aria.
Tenterà con una palma.
Abbraccia il tronco grigio e la corteccia le gratta la pancia. Sale fino alle foglie pennate, stacca un cocco e lo morde con foga. Due denti si scheggiano, una fitta le attraversa le gengive.
Incapace di aspettare, l’Impazienza non gode mai dei frutti maturi.

Bestia ottantatreesima

La Lungimiranza si apposta sul ramo più alto di un’antica sequoia.
Il cielo è terso e senza nuvole, ma oltre la cresta dei monti, sopra l’orizzonte, una folgore crepa l’azzurro. Una brezza flebile come il respiro di un moribondo fa frusciare le foglie.
La Lungimiranza plana tra le fronde di un albero più modesto, ma florido. Un rondone in volo le rivolge un’occhiata perplessa: si starà chiedendo perché mai si sia fermata. Presto lo scoprirà a sue spese.
Il vento infuria e traghetta banchi di nuvole torve. Un rombo di tuono dà inizio al temporale. La pioggia tintinna sul bosco.
La Lungimiranza, asciutta e al sicuro, chiude gli occhi.

Bestia ottantaquattresima

Il Tradimento adotta la Fiducia e le promette protezione. Guida i suoi passi attraverso il groviglio di un roveto per condurla in una radura impenetrabile. Lecca le sue ferite e le tiene compagnia finché la notte sopraggiunge e la Fiducia si addormenta.
Il Tradimento veglia sul suo sonno, ma il silenzio viene rotto da un richiamo lontano: da qualche parte una nuova avventura lo aspetta. Così, spinto dal timore della vicinanza o attratto dalla promessa di gioie inesplorate, il Tradimento scivola via e abbandona la Fiducia in mezzo ai rovi.

Bestia ottantacinquesima

Il Sarcasmo ridacchia sfoggiando due file di zanne aguzze. Rotea gli occhi gialli e si avvicina a una capra tremante. Le saltella intorno e china il capo come per sottomettersi a lei.
La capra si siede e il suo tremore si attenua. Pare rassicurata dal fare amichevole della bestia.
Il Sarcasmo le si accuccia di fronte e le assesta una zampata sul capo. Una risata rauca gli prorompe dal petto. Oltre i denti che orlano la bocca spalancata pende una sacca color vinaccia: è ricolma di veleno.
La capra barcolla, indietreggia sulle zampe malferme e bela.
Il Sarcasmo la demolisce pezzo dopo pezzo e la intossica ogni volta che ride. La riduce a un mucchietto di carne, si china su di lei e la divora.
Trotterella via e sorride. Il sangue gli cola dalle zanne.

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