Alessandro Rivali torna a parlarci di Giampiero Neri, o meglio, a conversare con il poeta lombardo sette anni dopo Giampiero Neri un maestro in ombra (Jaca Book 2013). Nel libro pubblicato a dieci anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia (come scritto in una bandella), Alessandro Rivali stimola Giampiero Neri a parlare del suo vissuto, della sua poesia, della sua famiglia, in particolare del rapporto con il fratello Giuseppe Pontiggia (“Peppo”). In quest’ ultimo lavoro, edito da Ares, già dal titolo capiamo che l’intervista avrà una piega diversa. Molto interessante l’introduzione Come una premessa in cui il poeta e critico ligure ci descrive, con molta delicatezza e sentimento, il suo incontro con Giampiero Neri (qualcosa è ripreso nell’intervista che qui alleghiamo a Rivali) e di come, nel tempo, sia diventato non solo un “Maestro,” ma un amico con cui confrontarsi su tanti aspetti, non solo legati alla poesia, ma anche alla Letteratura, Filosofia, Arte e Religione. Questo libro, come si è accennato, rispetto al precedente è impostato sulla formazione culturale di Neri e sul suo rapporto con i classici e le letture. Diviso per capitoli, (III più un’Appendice) si snoda da Omero fino a Pasternak, entrando nell’universo formativo del poeta lombardo. Il libro è denso di citazioni di tanti autori classici che ci fanno comprendere la vasta cultura di Neri, ma non solo, ci aprono tanti spiragli sulla Letteratura, sui classici latini e greci fino ad arrivare ai contemporanei. Sono riflessioni ben ponderate, mai banali e sicuramente le domande di Rivali appaiono sempre precise, puntuali, meditate tali da spingere Neri a fornire al lettore numerosi spunti. Questo libro, oltre che per gli estimatori di Neri, è molto interessante per chi voglia scoprire e riscoprire tanti autori, ma anche per comprendere come un poeta, seppur divenuto classico, (Giampiero Neri lo è ormai) sia sempre un nano sulle spalle di giganti e come sia fondamentale un approccio umile davanti ai libri di grandi scrittori e poeti del passato che, se compresi, sviscerati, studiati, aiutano a capire il presente, porre le basi per il futuro e anche a migliorare la scrittura sia in prosa che in poesia. L’”ubris” non appartiene a Giampiero Neri, ma nemmeno a Rivali che si pone all’ascolto di un maestro che tanto ha dato alla poesia italiana e non solo. Il libro si chiude con delle prose inedite che confermano il percorso intrapreso da Neri negli ultimi anni sempre meno legato ai versi, bensì alle prose poetiche attraverso le quali l’autore medita sulla Storia, il vissuto e varie esperienze: […] “La riflessione su quanto ormai accaduto, che non si può modificare, dà alle sue pagine un sapore amaro, appena temprato dalla presenza della poesia.”
Abbiamo intervistato Alessandro Rivali:
Luca Ariano – Hai conosciuto Giampiero Neri a 21 anni: ci puoi brevemente raccontare come è avvenuto l’incontro? Ti sei subito accorto di essere davanti ad un grande poeta e a un “maestro”?
Alessandro Rivali – Ricordo sempre molto volentieri l’inizio della nostra amicizia. Fu in una sera d’inverno a Milano. Cercavo un incontro di poesia per allontanare la delusione di un esame di geografia che non era andato secondo le mie aspettative. Capitai un po’ per caso in un reading organizzato dal Centro culturale di Milano, che allora si trovava in via Zebedia (accanto a quella piazza Missori ricordata da Neri in una poesia che ricorda l'”umanità” del “volto” del cavallo bronzeo del generale Missori). Arrivai in ritardo a quel reading, ma in tempo per ascoltare le poesie di Neri. Furono una rivelazione. Erano cammei perfetti che chiamavano in causa il senso del male, la memoria, la guerra. Temi che mi hanno sempre interessato. Mi presentai e lui mi propose di andarlo a trovare una domenica mattina a casa sua nel verde di piazzale Libia. Iniziammo una consuetudine che oggi continua felicemente e che per me è stata l’università più autentica.
I primi autori che mi consigliò furono Melville e Fenoglio. Se mi resi conto di avere di fronte un maestro? Certo, le sue erano vere e proprie lezioni di vita. Mi mise in guardia se avessi voluto continuare a scrivere poesia perché sapeva quanto fosse difficile ed esigente il sentiero. Neri ha sempre accostato la poesia alla ricerca della verità. Per lui è una “macchina per pensare”…
L.A. – Quanto è stato importante nella tua formazione poetica e letteraria Giampiero Neri? Quando hai deciso di scrivere un libro riguardante lui (mi riferisco a: Giampiero Neri, un maestro in ombra, pubblicato nel 2013 per Jaca Book)?
A.R. – Gli incontri con lui sono stati un laboratorio intensissimo. Per la mia scrittura, ho imparato il labor limae, il martellamento del testo fino a raggiungere la forma desiderata (Neri ama spesso accostare la figura del poeta a quella dell’artigiano o al fabbro), l’uso della figura retorica della reticenza, la storia come cantiere per la scrittura… per la formazione letteraria, mi ha guidato verso un canone diverso e irregolare, una costellazione di autori come Villon, Pasternak, Campana, l’Omero ruvido dell’Iliade e, perché no, la sapienza di Collodi.
Neri mi è stato di aiuto in occasioni molto concrete, per esempio quando gli espressi il mio proposito di studiare Pound mi regalò la sua preziosa collezione di testi poundiani….
La scelta di scrivere “Il maestro in ombra” è stata una conseguenza di tutto questo percorso, ma era anche una storia in sé piena di spunti. C’era la fuga di un ragazzo dalla propria famiglia negli anni della guerra, la morte violenta del padre, il rapporto intenso ma difficile con il fratello Giuseppe Pontiggia, che è stato un crocevia di destini editoriali e maestro a sua volta di tanti narratori. Quella di Neri è anche la storia di un uomo che ha lavorato tutta la vita in banca con il sogno di scrivere e che poi ha conosciuto un’inaspettata notorietà quando ormai era in pensione. Insomma, era un peccato lasciarsi sfuggire questa storia…
L.A. – A distanza di sette anni, come mai hai deciso di tornare a occuparti di lui, in particolare intervistandolo sui classici? Consideri esaurito questo percorso di interviste con Giampiero Neri o hai ancora in cantiere altri dialoghi con lui?
A.R. – Mi piace molto la forma dell’intervista. Forse può raggiungere più persone rispetto al saggio. Quando ho scritto “Ho cercato di scrivere paradiso. Ezra Pound nelle parole della figlia” ho avuto tanti riscontri di lettori che mi ringraziavano di averli portati in un lungo viaggio in opere e autori che non conoscevano: i consigli di lettura di Pound, i suoi amici, i talenti che aveva incoraggiato…
Ho pensato di fare una proposta simile con uno dei nostri maggiori poeti. È venuto fuori un percorso semplice alla portata di tutti ma con tanti spunti inaspettati (per esempio l’importanza per Neri delle Scritture). Ci sono tanti amici che per Natale o prima delle vacanze estive mi chiedono buoni libri da leggere. In “Ritorno ai classici” ci sono libri per tutti i gusti…
Per adesso non ho in cantiere un altro dialogo, anche perché vorrei concentrarmi sulla Terra di Caino, poema a cui lavoro da troppo anni…
L.A. – Leggendo Ritorno ai classici, ci si rende conto della grande cultura di Giampiero Neri, ma anche di come sia limitata la definizione di “maestro in ombra”, ci troviamo infatti al cospetto, oltre che di un grande poeta, di un “maestro” tout court: concordi che sia uno dei più grandi poeti, ma non solo, degli ultimi decenni?
A.R. – Beh, potremmo dire che ormai il maestro è uscito dall’ombra… In lui ho trovato un riferimento poetico, ma anche un “maestro spirituale”, una fortuna per il nostro tempo narcisistico e individualista che tollera male la presenza di una guida. È una figura che resterà, come quella di Pierluigi Bacchini, autore talvolta accostato a Neri, che con il passare del tempo mi sembra sempre più decisivo.