Maremmana di Mariacristina Di Giuseppe. Un romanzo corale

di Jacopo Curi

«Lorenza è una giovane donna nata e cresciuta a Roma, tra gli agi di una famiglia borghese e di una bella casa. La sua vita è cambiata totalmente da quando è rimasta orfana di madre e padre a poco più di vent’anni. Alla perdita degli affetti più cari Lorenza ha reagito barricandosi dietro una routine apparentemente confortante ma priva di slanci e di emozioni forti, rifuggendo i progetti a lungo termine per difendersi dagli imprevisti e dalle fratture dei sogni. Tutto cambia quando la sua amica inglese, Muriel, la coinvolge nella ristrutturazione di un vecchio casale acquistato in Maremma insieme al marito, Mark. Il cantiere la scuote dall’apatia, offrendole nuovi punti di vista e nuove amicizie: il giovane architetto Filippo che la sorprende e la incanta con la sua professione; la fattora Matilde con le sue tre figlie che sanno allietarla e accudirla; l’assessore Arnaldo con il suo pragmatismo e la sua vivacità; don Arrigo con la sua caparbietà e con il suo amore per la cultura contadina; Muriel con i suoi inaspettati atteggiamenti, con i suoi umori variabili. E poi la natura che, con la sua forza dolce e nutriente, è la vera protagonista di questo romanzo. La vita contadina e le sue leggi semplici e ruvide avvicinano Lorenza alla verità delle “cose della vita” insegnandole ad accettarne i rischi, con coraggio.»

 

Maremmana

Maremmana (Navarra Editore, Palermo, 2019) di Mariacristina Di Giuseppe potrebbe intendersi, in primo luogo, come un romanzo di formazione: a trentaquattro anni, infatti, Lorenza si ritrova ad affrontare, seppur tardivamente, l’apprendistato della vita. Segnata dal lutto, la protagonista elabora un meccanismo di difesa che consiste in un progressivo distacco da legami emotivamente complessi, compreso quello con il pur premuroso fidanzato Giacomo. Pertanto Lorenza si rinchiude nella zona di conforto delle mura casalinghe, in particolare nella stanza da letto dei genitori, che morbosamente decide di trasformare in un fortino privato di ricordi. Dinamiche lavorative a parte, la giovane donna si concede poco agli altri, limitandosi a coltivare relazioni amicali poco approfondite: «Lorenza si poteva amare, frequentare, ma non conoscere fino in fondo. Lorenza non si poteva espugnare.» È tuttavia il contatto epistolare con la lontana amica Muriel a sbloccare la situazione, dacché Lorenza decide, quasi istintivamente, di assumersi la responsabilità di seguire i lavori di restaurazione del rudere toscano acquistato dalla stessa Muriel e del marito, del quale i due coniugi non possono occuparsi per ovvi motivi logistici. Forse è proprio l’istinto ad allontanare da Lorenza la paura di nuove eventuali delusioni, e a guidarla, al contrario, verso una spontaneità che per vari motivi non era riuscita a sperimentare  neanche durante l’infanzia e la giovinezza. La passività nei confronti della vita si trasforma così in forza attiva e, pur con le cautele e le difficoltà del caso («montò in macchina come entrasse in un guscio»), Lorenza riesce finalmente a stabilire un vero e sano contatto con il mondo esterno: «Era arrivato il tempo di lavorare, di sporcarsi vestiti, mani, scarpe, ma non i pensieri; quelli dovevano rimanere lucidi, chiari.» Il confronto con la realtà, con le persone e con varie situazioni costringe quindi Lorenza a misurarsi innanzitutto con se stessa, a elaborare i traumi del passato e a lasciarsi andare alla naturalezza dell’azione, senza farsi sopraffare dal circolo vizioso dei pensieri. L’indagine di tali meccanismi interiori rende dunque Maremmana anche un romanzo psicologico, in cui il dinamico interfacciarsi tra le condizioni di salute e malattia fa inevitabilmente pensare alla poetica di Italo Svevo. La conquista della naturalezza coincide peraltro con il ritmo della vita rurale, di cui la campagna fa appunto da spia; con una Toscana antica (espliciti, a tal proposito, sono i riferimenti a Piccolo mondo antico di Fogazzaro), fatta di paesaggi e tradizioni da riscoprire. La minuziosa descrizione degli ambienti, per certi versi associabile al procedimento narrativo di tanti romanzi ottocenteschi, tende a riprodurre un contesto in cui questo sentore antico si mescola e si confonde con il moderno vivere.

In un secondo momento, nel corso della lettura, si fa però evidente il vero carattere dell’intreccio: le vicissitudini personali di Lorenza si confondono con quelle di altri personaggi, secondari o marginali, e il romanzo acquisisce una dimensione corale. L’utilizzo del narratore onnisciente consente a Di Giuseppe di passare, attraverso la protagonista che fa da perno, da un tipo umano all’altro, e di caratterizzare la qualità di ogni rapporto sociale, come segnala Daniela Brancati nella prefazione: «L’autrice afferma con forza che esistiamo nella relazione con gli altri.»
Perfino la complessità della trama riproduce lo stallo emotivo dei personaggi, soprattutto femminili, intrappolati in un disagio viscerale. A sottolineare tale aspetto ci sono ancora le parole di Brancati: «Il vero protagonista non è neanche una persona fisica, bensì il male di vivere delle quarantenni d’oggi.» Nel momento in cui raggiunge la massima tensione (spannung), la storia si sbilancia improvvisamente dalla parte di un’inevitabile apertura alla maternità (ma anche alla paternità) e di conseguenza alla vita, a una forza ancestrale su cui pone l’accento di nuovo Brancati, sottolineando anche quanto sia importante notare che sono le esigenze femminili a prevalere in una società, che dir si voglia, fallocratica o maschilista.
Nelle intenzioni di Di Giuseppe, lo dichiara la stessa autrice nella nota che apre il libro, Maremmana non tende comunque a seguire la barriera logica dell’aut aut: «Scioglierete le riserve solo addentrandovi, arrivando fino in fondo, per comprendere che ragionare per genere e categorie è obsoleto, sconveniente, inutile e, soprattutto, riduttivo. La narrativa è come un caterpillar che abbatte i muri; non li edifica, non crea scompartimenti, ma confonde, mischia, copula.»
Nella contaminazione tra esseri umani e con la natura, infine, si esplicita il senso globale della lettura: si tratta di una contaminazione che è anche mutamento, catarsi, a cui offrirsi se non addirittura abbandonarsi, correndo il rischio di vivere e viversi vicendevolmente.

Mariacristina Di Giuseppe

Mariacristina Di Giuseppe, romana di nascita, sin dagli anni universitari frequenta gli ambienti della fotografia, della musica e del teatro. È autrice di testi teatrali, musical e canzoni. Ha collaborato ai più recenti lavori discografici di Edoardo De Angelis, quali Historias, Sale di Sicilia – in cui la sua lirica Spasimo è prestata alla voce di Andrea Camilleri – Non ammazzate Anna e Il cantautore necessario. Ha collaborato, inoltre, alla scrittura di testi di canzoni per Amedeo Minghi, Neri Marcorè, Milva, Antonella Ruggiero. Per Navarra Editore ha già pubblicato il romanzo Sale di Sicilia.

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