Una interruzione a metà percorso, nell’estate di Nuova Ciminiera, per presentare il Bando della XXII edizione del Premio “Poesia di strada”.
Fu un’intuizione di Alessandro Seri, quella di affiancare – al Festival “Artistrada” del comune di Colmurano (MC) – un Premio di Poesia destinato a testi inediti, con la finalità della scoperta di nuove voci.
Fin qui, niente di così innovativo: sono molti (forse troppi) in Italia i premi di poesia. Con poche varianti, la maggior parte di essi si sussegue senza valori di rilievo, ideato da comitati più o meno qualificati (più o meno qualificanti).
Li riconosci – quelli meno attendibili – dall’immancabile tassa di lettura e/o dal premio consistente in diplomi e targhe (ci sono aspiranti “alighierini” che collezionano una quantità inenarrabile di titoletti e titolini conquistati partecipando a un’infinità di queste kermesse): ma si può conferire un diploma a fronte di un testo soltanto? E anche se si trattasse di un capolavoro, si può ingabbiare la poesia in una targa? Si può ritenere davvero che una rondine faccia primavera?
Il Premio “Poesia di strada” non prevede tassa di lettura. E già questo non è poco. I premi per i primi tre è in denaro (la cifra è simbolica, ma comunque importante). Ma l’elemento più innovativo introdotto da Alessandro Seri, sin dalla prima edizione (e quest’anno siamo arrivati alla ventiduesima), è l’idea di far riprodurre i testi finalisti su grandi tele, da artisti che li fanno propri, per così dire, e li “vestono” alla loro maniera. Queste tele vengono appese nelle vie del borgo, sui muri del paese che accoglie la serata finale del Premio (quest’anno sarà il Comune di Pollenza, sempre in provincia di Macerata), attirando l’attenzione della gente, stimolando la curiosità, avvicinando in un modo del tutto originale il pubblico alle arti: tanto quella della parola quanto quella della pittura.
Naturalmente, la giuria critica esprime il proprio giudizio sui testi (obbligatoriamente tre per ogni autore). Il vincitore assoluto riceve inoltre l’opportunità di pubblicare gratuitamente i suoi testi (non soltanto i tre partecipanti al Premio) in un volume di minimo 70, massimo 100 pagine, nella collana “Le Piume” della Seri Editore: altra caratteristica in controtendenza mondiale (o quasi). Non un’antologia dei partecipanti (generalmente unici acquirenti del volume), ma un libro vero e proprio perché l’autore arrivato primo abbia la possibilità concreta di entrare nel mondo dell’editoria con un premio che è veramente un premio (considerato che editoria gratuita di qualità non esiste praticamente quasi più).
Si tratta, cioè, di un Premio che è andato crescendo negli anni: avendo, nella tenacia e nella costanza di Alessandro Seri e del gruppo che è riuscito a consolidare intorno al proprio progetto originario, la garanzia di un impegno durevole e circostanziato, potenziandosi di edizione in edizione.
Molti i nomi dei giurati, nel corso degli anni, tra cui si ricordano Maria Grazia Calandrone, Enrico De Lea, Massimo Sannelli, Renata Morresi, Giampaolo Vincenzi, Cristina Babino e lo stesso Alessandro Seri.
Qui di seguito i testi di alcuni degli autori finalisti delle scorse edizioni:
Adelelmo Ruggieri (2012)
LA MEZZA LUCE
Certe volte non ce la faccio a dire:
io – come fossi smarrito in un chiasmo
ma viene un ohi, al posto della chiosa
il primo verso, ai blocchi di partenza
l’ultima sillaba, ma a metà ottava
(già è passata) ricomincio a capire:
tutto dove doveva stare stava:
la mezza luce, il chiasso e io e tu e noi e ohi.
DANILO MANDOLINI (2010)
Provo a trattenere un po’ del tempo
che sgorgando cancella le parole.
Ora cado, mentre cado, con la pioggia
verso il basso disegnando questo giorno.
“Ricopriti lo sguardo!” fa un passante.
“A cucchiaio le mani sopra gli occhi.
Lascia che il buio sia un po’ luce,
che nulla t’impedisca di morire”.
FRANCA MANCINELLI (2005)
qua dove ogni parola è ramo rotto
albero di musica in riva al mare
quale piaga insieme siamo
distanti
solo arsa saliva pesto petto,
ma se gli occhi appoggiassero ai tuoi occhi
ogni nodo al sangue sarebbe fuoco
LUCA ARIANO (2015)
Ammettilo Fiulin
anche tu vorresti il posto fisso
“E’ la vostra generazione…” – dicono.
Accedere a un mutuo,
comprare una casetta con giardino,
un cane che gioca con Teresa
mentre curi il prato…
le erbe aromatiche.
Anche l’Enrico lo vorrebbe,
ci pensa in quel paese, dieci anni dopo:
lei sposata, due splendidi bambini,
un marito premuroso.
Saluta rapido, con cortesia
ma dietro la curva non ci pensa più.
Si ricorderà delle cassette
di canzoni d’amore?
Dicono prima di una vacanza
con ancora in bocca l’illusione di un bacio.
Passa il treno per Genova, le luci
della sera su case… cantieri
e giuri che la prossima volta non verrai solo.