Pubblichiamo quattro poesie di Bernardo Pacini, che fanno parte della raccolta inedita Cronache di un quadricottero.
GALLERIA (DCIM)
What if once on the other side of the room there remains only the urgency to use the door again?
(R. Edson)
I
La registrazione della rinascita
della rovina di una donna
dei doppi vetri della sua casa sul fiume.
Che parlava del più o
parlava del meno, sapendo bene
che non era lo stesso. Ne parlava
spesso col muro, diceva che almeno
parlava con uno, al più
con nessuno. E se parlava del tempo
ne parlava col tempo
non volendo rinunciare
al parere di un esperto.
Quando si accorgeva di essere ripresa
parlava alla tenda
le diceva, stai chiusa.
II
Accadeva nel mese di agosto, quando a valle
gorgogliavano fisarmoniche
alla sagra del paese.
Gli imponeva di scendere nella notte.
Aveva precisa indicazione: far alzare drastér i volumi
cosicché lei potesse sentire meglio
e dall’alto del colle, danzare.
Rincasava con sbreghi sui polpacci
e buchi sui calcagni – per darle un dispiacere
diceva che era felice di esser rimasto
per poco tempo
nello sguardo scomposto del tasso
che con lui risaliva
la macchia di eriche e lentischi.
III – (per Ignazio)
Ininterrottamente
la foglia, l’ala, il vento
che incitano il bambino giù dal tetto
(A. Ceni)
Non sto più a contare le volte che è salito sul tetto
per vedere la via delle martore in fuga.
Quando lei sente i passi del figlio sopra la testa
e il rumore delle tegole che cedono
si ferma qualsiasi cosa stia facendo e osserva
– vetrosa come una lampada spenta –
lo spazio circostante.
Consulta l’oracolo di ciò che le capita davanti
sia esso un vaso o una testa d’alce
ancora integra nella sua custodia
di infelicità greca.
Non ha senso il suo impassibile disagio
ma è questo che ha insegnato a suo figlio:
a osservare dall’alto ogni posto di gioia
a diffidare della morte, anche se sta
precisa in una scatola da scarpe.
IV
… and read her in a mother’s farewell gaze.
(H. Crane)
Se (e quando) riuscirà a andarsene da quella gabbia azzurrina
verranno subito a sincerarsi che stia bene.
Precisamente addestrato, potrà solo mostrare
con la stessa padronanza della guida museale
quanto il taglio sia stato netto, geometrico.
Quando stava lì, la madre gli chiedeva sempre
di insufflare qualche nota nell’oboe, e lui obbediva.
Spalpebrava appena, ma poi obbediva.
Bernardo Pacini (1987) vive a Firenze. Ha studiato la poesia di Betocchi e Buzzati all’Università degli Studi di Firenze. Ha pubblicato in poesia Cos’è il rosso (Edizioni della Meridiana, 2013). Le poesie di questo libro hanno vinto i premi “De Palchi-Raiziss”, “Sertoli Salis”, “Beppe Manfredi”, “Antica Badiadi San Savino”, “Libero de Libero”, Selezione premio Ceppo “Luca Giachi”. Inoltre ha pubblicato il libro d’arte Per favore rimanete nell’ombra (Origini 2015) e La drammatica evoluzione (Oedipus 2016).
Suoi testi appaiono in varie antologie, tra le quali Voci di oggi (Istos 2017), Abitare il deserto (Osservatorio Fotografico Fusignano) e La consolazione della poesia (Ianieri 2015). Suoi testi e recensioni sono apparsi anche su riviste cartacee e online quali “Nazione Indiana”, “Poesia”, “Poetarum Silva”, “Atelier”, “I poeti sono vivi”, “Nuovi argomenti”, “La balena bianca”, “Blanc de tanuque”, “UT”, “formavera”, “Soglie”, “Samgha”, “Il primo amore”, “Argo”, “Scrittori precari”, “Perigeion” e altro.