Dove i filobus hanno il capolinea
e il treno stride sopra il terrapieno,
si prepara allo scalo, metteremo
lì casa per i figli. Cresceranno
pronti al gesto amichevole, alle fughe,
al battibecco arguto, avranno il pugno
attento nella tasca e il cuore largo,
dell’uomo intera la contraddizione.
Dove il bar periferico s’appanna
al fiato caldo delle voci, dove
il saluto è saluto, l’odio è odio,
imbarcarsi alla vita un’avventura
con le braccia a far remo e il cuore vela.
1961
Una memoria che il cuore non ha
più, ma giura che sa
che gli ritornerà.
Tutta la gioia che avrà all’incontro
non dice, la tiene da conto
per farsene una novità.
Affidarci a quel suono di treno di là
dal muro, al finito orizzonte
prima che tocchi il mare e il monte.
E udirci parlare piano,
sentire che qualcosa ritorni.
Le corse, il morire dei giorni,
la luna sulla tua mano.
1953
poesie tratte da Il mare (Di Felice Edizioni, 2016)