IL PRIMO ROMANZO DI DANIELE MENCARELLI

Filippo Davoli

Essenziale. Lapidario. Crudo. Eppure delicato, disarmato, innocente. E’ così lo stile che abbiamo imparato a conoscere e riconoscere nelle poesie di Daniele Mencarelli. Romano, classe 1974, la sua è una delle firme più attendibili della giovane poesia italiana. Come non ricordare lo struggente e splendido Figlio (edito nel 2013 da Nottetempo) e, per gli stessi tipi, Bambino Gesù (2010), che già aveva visto la luce per le Tipografie Vaticane esattamente nove anni prima?

Mencarelli però rilancia: alle soglie della piena maturità pubblica il suo primo romanzo, La casa degli sguardi, in uscita con Mondadori.
Ccrediamo possa trattarsi di un caso letterario destinato a segnare la nostra stagione, fornendole anzi qualche chiave importante per reagire all’imbarbarimento sempre più incombente.

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Autobiografica senza cedere all’autobiografismo, la trama del libro racconta la storia di Daniele, un giovane poeta oppresso da un affanno sconosciuto, “una malattia invisibile all’altezza del cuore, o del cervello”. Il giovane protagonista, rifiutandosi di obbedire automaticamente ai riti cui sembra sottostare l’umanità (trovare un lavoro, farsi una famiglia, etc.), è piuttosto sedotto da una prospettiva nichilistica che gli impedisce finanche di scrivere, cadendo in una progressiva apatia che lo smangia e distrugge dal di dentro.
Per amore dei genitori, tuttavia, prova a chiedere aiuto e firma un contratto di lavoro con una cooperativa legata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Sarà lì, tra bambini malati e segnati da un destino spinoso, che troverà la via della rinascita; le risposte arriveranno – al di là di qualsiasi retorica e con deflagrante potenza  – dall’esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo – quell’ospedale, appunto – in cui l’essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità e contemporaneamente, però, in squarci di inattesa e insospettabile bellezza.

Con la consueta lingua precisa e affilata che già conosciamo, seppure qui nella misura lunga e distesa della prova narrativa, Mencarelli ci rivela con coraggio il rifiuto cercato nell’alcol, la solitudine radicale, il senso di fallimento insormontabile, fino alla rinascita della speranza, verso la più completa guarigione.

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